Ordine!
Ordine!
Ma insomma, ordine!
Pacchi, pacchetti e spedizioni!
Presto che arriva il corriere. Ma no, boss, te lo abbiamo già
detto: Ups passa alle quattro, abbiamo tutto il tempo.
Ah bene, bene. Però sbrigatevi, mi raccomando.
E cos'è tutto questo casino sulle scrivanie??
Prende i nostri fogli e li sprimaccia come un cuscino sgualcito,
mandando all'aria il metodo di una filologa e di un'ingegnere (con l'apostrofo,
perché l'ingegnere in questione è una donna).
O-mamma-mia-mammina-cara-mammina-bella: quando finisce questa
mattinata?
Guardo l'orologio: 12.29.
Halleluja! Un coro di angioletti armati di cetra inizia a
strimpellare allegro e festante: sessanta secondi alla pausa pranzo.
Tratteniamo il respiro.
Oooohhhmmm... niente risposte brusche.
Oooohhhmmm... tieni a freno la linguaccia, dai che ce la fai.
Meno tre... due... uno... 12.30.
In piedi. Saluti a tutti! Baci e abbracci. Si va. Si corre in
piscina a sgranchire le membra e ad arginare la ciccia che vuole lievitare come
pasta da pizza vicino ad un termosifone.
Lola - la mia auto - tossicchia fuori benzina mista a gpl e con
passo di lumaca, 1200 cc Euro 4 che non corre nemmeno se la prendi a calci,
trascina se stessa e la conducente fino allo stabile della piscina comunale.
Borsone in spalla, badge in mano, occhiali da sole pronti ad
essere rinfoderati, saluto veloce il signor "Uomo ombroso al Bancone".
Passo il tornello, spogliatoi a me; apro la borsa e...
Disdetta! Sciagura! Misera e tapina rincoglionita che altro non
sono. Dov'è il costume?
Due cuffie, pinne, palette per le mani, set di balsami per capelli,
creme, profumo, teli hi-tech, due occhialini, lettore mp3 subacqueo, non sia
mai dovessi annoiarmi. Ma dov'è l'elemento essenziale per poter accedere alla
tanto agognata tinozza clorificata da venticinque metri?
Lo so io dov'è! Abbandonato sull'asse da stiro del tugurio (la
lavanderia del garage-dimora). Ah, me smemorata. E adesso? Impossibile tornare
indietro a prenderlo. Casa dista quasi venti chilometri, non avrei tempo di
nuotare, nemmeno di fare una doccia.
Mi affaccio alla reception nella remota speranza che, oltre alle
multicolori cuffie in bella mostra nelle bacheche, vendano anche costumi.
Niente da fare: Uomo Ombroso mi dà risposta negativa, aggiungendo che non può
nemmeno prestarmi il suo di costume.
Ah... ah... ah... apprezzo l'ironia, ma nelle parti basse avverto
movimento rotatorio con momento angolare piuttosto elevato.
Meglio cambiare aria, ché con l'acqua già mi è andata male.
Mestamente mi trascino verso Lola, incerta sul da farsi. Ho due
ore di pausa, che normalmente impiego per salutari pratiche sportive. Oppure
nella lettura di un libro barra visione di un film sul mio fido tablet. Il
quale tablet oggi, stranamente, non ho portato. È una congiura, brontolo fra me
e me.
Mi guardo intorno poco convinta.
Non sono donna mondana. Sono una garagista. Un essere rude e
solitario, che spende il proprio tempo libero con compagnia umana molto scarna
e selezionata. O anche in lunghe ore di libero pensiero
nell'esclusiva compagnia di ego, es ed io.
Che fare?
In macchina è il gelo. Non posso allungare il sedile ed ascoltare
musica. Fuori grandina e c'è un rumore infernale nell'abitacolo.
Bah... tanto vale.
Accendo il motore e mi avvio verso la piazzetta sita dietro
l'ufficio. Mi sembra di aver visto un bar, qualche giorno fa. Non che io sia
un'habitué di siffatti luoghi. Tuttavia è proprio il caso di fare uno strappo
alla regola. Parcheggio controvoglia, cercando in me un barlume di spirito
d'avventura. A dirla tutta, mi accontenterei anche di un semplice barlume di
speranza.
Varco la soglia: vengo accolta da un locale semplice, quasi
anonimo. Sedie e tavolini che non lasciano immagini impresse nella mente. Una
pagina della Gazzetta dello Sport, incorniciata, macchia di rosa il muro.
Niente di che.
Un tavolo è occupato da quattro uomini anziani intenti a giocare a
carte. Credo che la parola giusta per definirli sia "pittoreschi".
Quasi fossero dei figuranti, messi lì apposta per creare l'atmosfera giusta.
Bisbigliano fra loro, in un dialetto che non capisco ma, dalla quantità di
suoni aspirati che sento, direi che si tratta di una qualche branca della
calata toscana. Lentamente, le quattro teste accennano a voltarsi e a sbirciare
nella mia direzione.
Per la miseria che sguardi inquisitori.
Una voce bassa e un tantino roca parla alle mie spalle: - Sta ammirando
la mia collezione di reduci del dopoguerra?
Dev'essere la giornata delle battutone di spirito.
Moro, magro, sui quaranta, rostro in viso degno di una nave
spartighiaccio; ma nel complesso non da buttare via. Il barista attende una
risposta, inespressivo. O la mia ordinazione. O, magari, che io me ne vada. Non
ha l'aria troppo amichevole.
- O' tu fa' sempre lo spiritoso, mi raccomando! - esclama uno dei
vecchietti con pesante accento toscano, agitando un bastone da passeggio in
segno di minaccia.
Allora, già di per sé non sono incline alla sperimentazione delle
varie manifestazioni delle stranezze umane; ma qui la situazione mi pare un
tantino fuori dell'ordinario.
Ormai ci sto... chissà se riesco a guadagnarmi una bevanda calda,
che sciolga l'incazzatura per il costume abbandonato, e una postazione
periferica, lontana dall'attenzione degli astanti?
Mi schiarisco la voce: - Buongiorno...
- Questo è ancora da verificare. - mi rimbecca il barista. Ce
l'avrà con me, col vecchietto munito di bastone o col mondo intero?
- Potrei avere un cappuccino per favore?
- No.
Va bene... è uno scherzo.
- Come scusi? - replico attonita.
- Lei ha chiesto un cappuccino. Io le ho risposto "no".
Non faccio cappuccini dopo pranzo.
- Ah. E la cagione?
- Non sono salutari.
- Scusi, ma a lei che gliene frega? Se voglio morire di
cappuccino, ben saranno affari miei, no??
- Come lei vuole morire, se lo scelga pure. Non è salutare per me,
produrre cappuccini nel pomeriggio. Il vapore mi dà noia.
- Apperò.
No, un interlocutore così scorbutico proprio non mi necessita al
momento. Sto cercando di decidere se girare i tacchi e andar via senza salutare
o insultare il barista in maniera indicibile, sfruttando l'attimo per un
meritato esercizio di regolazione emotiva, quando l'uomo con bastone esclama: -
O Massimo, e non esse' bischero come sempre. O tu faglielo un cappuccino
a 'sta bimba qua, che la si scalda un po' a lei. O non lo vedi tu che fori
grandina e l'è tutta bagnata?
In effetti...
- Ampelio, non mi rompe o ti scordi il gelato.
- Nun c'ho mica bisogno del tu' permesso pe' mangiammi il gelato,
sai? Fa' codesto benedetto cappuccino alla signorina.
Gli altri vecchietti annuniscono approvando la posizione di
Ampelio, accorso in mia difesa, aggiungendo qualche altra battuta rafforzativa.
Il barista sbuffa, visibilmente contrariato. Ha l'aria di chi
vorrebbe farla pagare a qualcuno, ma ha le mani legate.
Il più elegante e distino degli anziani, forse un po' meno vetusto
degli altri, si alza e mi invita: - Signorina, prego, si accomodi qui con noi.
A quanto pare, umidiccia e scarmigliata ho comunque fatto colpo
sui vispi ottuagenari.
Prendo posto fra il signore distinto, che ha appena aggiunto una
sedia, e un altro visibilmente corpulento... diciamo la verità, altezza e
larghezza sono pressoché pari, tanto che la sua forma si avvicina
pericolosamente alla sfericità perfetta.
La collezione di reduci mi guarda soddisfata. I sibili della
macchina del caffè terminano e dopo un istante arriva il mio cappuccino. Solo
adesso mi rendo conto di non averlo chiesto decaffeinato, ma preferisco
mordermi la lingua, per paura che il barista scorbutico mi ci faccia lo
shampoo, con la tazzina che ha in mano.
- Ecco il suo cappuccino, signorina. Lo vuole un consiglio?
- Mi dica. - accenno un prudente sorriso.
- Si alzi immediatamente da questo tavolo e se ne cerchi un altro.
Bene che le vada, questi molestatori la terranno qui fino a notte fonda, a suon
di chiacchiere e partite a carte.
- Vede, io devo tornare al lavoro...
- Male che le vada, questi vecchiacci portano una sfiga
incredibile!
- O Massimo!
I Quattro dell'Ave Maria - nel senso che presto o ancora più
presto andranno ai Cancelli Celesti a declamare "Ave Maria!" - si
toccano i gioielli dei tempi andati e lanciano strali dagli occhi in direzione
del buon Massimo.
- Ovvero? - prendo un sorso di cappuccino: nonostante la
ritrosia del barista, è davvero buono.
- Ovvero: non sa la gente che muore da queste parti.
- È proprio vero... - sospira un nonnetto occhialuto, cappello in
testa, rinsecchito al punto di dare l'impressione di navigare nei propri abiti,
la cinta dei pantaloni ascellari stretta al duecentesimo buco.
- Almeno uno all'anno. - continua Massimo - Giusto per farli
felici, così che possano giocare a fare gli investigatori, cacciandosi nei guai
col commissariato locale per le calunnie che vanno diffondendo durante le loro
"indagini". - l'enfasi messa nel pronunciare la parola indagini la
dice lunga sulla faccenda.
- Così pare che ci divertiamo solo noi, caro il mi' nipote. - lo
rimbecca Ampelio - E quanti casi tu hai risolto per quell'incapace del
Commissario Fusco? Dai che con le tue fissazioni da laureato in matematica, ti
diverti anche tu a risolvere gli... enigmi.
Ah, ho capito: uno Sherlock Holmes in incognito dietro il bancone
di un bar e quattro Watson stipendiati dall'Inps che gli fanno il lavoro
sporco. Ora sì che si fa interessante.
Ma il tempo vola. Tra un po' devo tornare a smistare ordini e
spedizioni.
Finisco il cappuccino e faccio per alzarmi.
- Signorina, dove se ne va? - mi chiede Ampelio.
- Temo di dover rientrare in ufficio. Ma penso che tornerò. Questa
storia dei casi da risolvere mi incuriosisce.
- Aspetti, aspetti.
- Oh nonno e lasciala andare. La gente c'ha da lavorare, mica come
te che hai vissuto più anni da pensionato di quanti ne hai campati come
impiegato!
Il rimprovero di Massimo il barista-matematico-investigatore passa
del tutto inascoltato.
Per educazione, attendo un istante immobile; la risposta di
Ampelio non si fa attendere: - Le va una briscolina? Il mi' nipote, quel
brontolone lì... ma badi che è un bravo ragazzo... è solo che la moglie l'ha
lasciato... in fondo... molto in fondo... c'ha un cuore d'oro... non ci vuole
giocare con noialtri.
- Mi scusi... - cerco un modo per non essere sgarbata; davvero non
so come - ... ma con me saremmo in cinque.
I vecchietti si scambiano risate sotto i baffi, come chi la sa
lunga, molto più lunga di me: - Signorina, non ha mai giocato alla briscola in
cinque?
Postilla: la pausa pranzo è mia. Il cappuccino è mio.
Io sono di origini marchigiane. E parlo un dialetto piceno.
Vivo nel Lazio da tredici anni.
Marco Malvaldi, toscano di Pisa, è molto più bravo di me a
parlarvi del suo Barlume, del suo barista e della sua collezione di
nonnetti investigatori.
Adesso andateci voi a prendervi un cappuccino per merenda...
sempre se riuscite a convincere Massimo a farvelo.
Postilla della postilla: la toscanità piace molto a
tutti gli Italiani. Sarà perché già a scuola ci danno l'imprinting con la
Divina Commedia. Sarà perché tutte quelle acca e ti aspirate, degne delle
lingue germaniche ci fanno tanto ridere. O forse sarà per il ben noto carattere
polemico e indomito dei toscani d.o.c. Fattostà, la serie di romanzi dei
Delitti del Barlume ha riscosso una ben meritata popolarità, tanto che ne è
stato tratto uno sceneggiato televisivo prodotto da Sky, che va avanti già da
tre stagioni.
Volete il mio consiglio? No? Beccatevelo comunque.
Leggete prima i libri.
Punto primo: guardando gli episodi - la cui
produzione è random rispetto alla sequenza dei racconti e dei romanzi -,
scoprireste già chi è l'assassino. E quale libro giallo è interessante se uno
sa in anticipo come va a finire?
Punto secondo: a mio modesto avviso, la fotografia
dei primi due episodi lascia molto a desiderare. I quattro nonni investigatori
sono magistralmente interpretati da altrettanti bravissimi attori toscani.
Un quinto personaggio si unirà in seguito, al quale
darà vita un Alessandro Benvenuti in grande forma e debordante vis comica.
Massimo, il nostro, prende voce e lineamenti del
perugino Filippo Timi, col quale condivido una balbuzie più o meno frequente
nella vita di tutti i giorni. E che, a detta delle sue fan, è uomo
"sdraiabile". Lungi da me dare loro torto. Anzi.
Detto ciò. Non so. Maca qualcosa. La trama
televisiva vira. L'eroe misantropo, che condivide molti tratti caratteriali con
lo stesso Sherlock Holmes, diventa macchiettistico. Troppo poco genio, non più
eroe ed eccessivamente irresoluto. Non me ne vogliate. Sono una filologa. Ma
anche astrofisica per un dieci percento. Un vero matematico, che avesse
lasciato il dottorato di ricerca per aprire un bar, si comporterebbe come nelle
pagine del libro. Non come il buon - molto... molto buon... ma anche bravo -
Filippo in televisione.
Punto terzo: ma fate un po' come vi pare, oh! Io, gli episodi, li
ho visti tutti. E la sigla è strepitosa.
Un altro colpo perfetto!!
RispondiEliminaEd io mi diverto da matti, tutta presa ad immaginare la scena come sul palco di un teatro... e non mi basta mai... e vorrei leggerne ancora... credo proprio che debba aspettare la prossima puntata.
xoxoxo Fiduciosamente EuMom
é sempre un gran piacere leggerti Ludovica, tanto da non averne mai abbastanza!
RispondiEliminaUn abbraccio carico di stima
Micol ;)
Grazie!! :)
EliminaSempreu un piacere ospitarti fra queste pagine.
Anch'io ti abbraccio!
Grazie!! :)
EliminaSempreu un piacere ospitarti fra queste pagine.
Anch'io ti abbraccio!